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A Roma, immortale faro della nostra Civiltà.
La celebriamo oggi, nel giorno della sua fondazione, con un passo di Evola che ben descrive quell’atteggiamento romano a noi tanto caro.
Salve Roma!
Evola : Gli Uomini e le Rovine
XIV Latinità - Romanità - Anima mediterranea
(...) Bisognerebbe essere in grado di estrarre dalla romanità un contenuto vivo, non avente a che fare con assunzioni retoriche, con musei e dissertazioni erudite, tale invece che perfino ad un uomo semplice riesca intelligibile, senza bisogno di cultura e di nozioni storiche. Per questo, noi abbiamo parlato di «elementi di stile». Sono elementi da estrarre da quanto si conosce della tradizione e del costume romano, sapendo anche a tal riguardo ben distinguere, perché - e già trattando del mondo classico lo accennammo - vi è romanità e romanità. A lato della romanità delle origini, che riprodusse in forma speciale e originale un tipo di cultura e di costume comune alle principali civiltà superiori indoeuropee, ve ne è una grecizzata in senso negativo, ve ne è una «punicizzata», ve ne è una «ciceroniana», ve ne è una asiatizzata, ve ne è una cattolica e così via. I punti di riferimento non vanno cercati in esse. Quel che in esse può esserci di valido, ai nostri fini lo si può ricondurre alla prima.
Questa romanità originaria ebbe la sua base in una figura umana definita da un certo gruppo di disposizioni tipiche. In primo luogo sono da desiderarsi un’attitudine dominata, un’audacia illuminata, un parlare conciso, un agire preciso e coerente quanto meditato, un freddo senso di dominio, alieno da personalismo e da vanità.
Allo stile romano appartengono la virtus non come moralismo bensì come virilismo e coraggio, epperò la fortitudo e la constantia, cioè la forza d’animo; la sapientia, nel senso di riflessività, di consapevolezza; la disciplina, come amore per una propria legge e una propria forma; la fides nel senso specificamente romano di lealtà e di fedeltà; la dignitas, la quale nell'antica aristocrazia patrizia si potenziava in gravitas e solemnitas, in misurata, seria solennità.
Sempre allo stesso stile appartengono l’agire preciso, senza grandi gesti; un realismo che non significa materialismo bensì amore per l’essenziale; l’ideale della chiarezza, il quale solo in certi popoli latini doveva trasformarsi in razionalismo; un equilibrio interno e una diffidenza per ogni abbandono dell’anima e per ogni confuso misticismo; un amore pel limite; l’attitudine ad unirsi senza confondersi, in vista di un fine superiore o per un’idea, da esseri liberi. Possono aggiungersi anche la religio e la pietas, non significanti la religiosità nel senso più recente, significanti invece, pel Romano, un atteggiamento di rispettosa e dignitosa venerazione e in pari tempo di fiducia, di riconnessione nei riguardi del sovvertibile, sentito presente ed agente presso la forze umane individuali, collettive e storiche.
Siamo naturalmente lontani dal pensare che ogni Romano abbia incorporato tali tratti; essi tuttavia costituirono, per così dire, la “dominante”, erano consustanziali nell'ideale sentito da ognuno come specificamente romano. Del pari, questi elementi di stile hanno una loro evidenza, non sono legati a tempi trascorsi, possono in qualsiasi periodo agire come forze formatrici del carattere e valere come ideali non appena si desti una vocazione corrispondente. Hanno un valore normativo. Nella peggiore delle ipotesi, essi hanno un valore di misura. Inoltre non è il caso di pensare che essi dovrebbero essere fatti propri da tutti gli individui: ciò sarebbe assurdo e, del resto, non necessario: basterebbe che nella nazione un certo stato, tenuto a dare il tono al resto, li incorporasse.
DIES NATALIS ROMAE MMDCCLXXVI
To Rome, immortal beacon of our Civilization.
We celebrate it today, on the day of its foundation, with a passage from Evola that describes that Roman attitude that is so dear to us.
Salve Roma!
EVOLA: Men Among the ruins
XIV Latin Character — Roman World —Mediterranean Soul
(...) We should be able to extract from the Roman spirit a living content that has nothing to do with rhetorical assumptions or with museums and scholarly dissertations, such that even a simple man could understand it without the need of erudition and historical notions. To this effect, I have spoken about "elements of style." These elements have to be drawn from what we know about the Roman tradition and customs; in this case too, we need to discriminate among various types of Roman spirit. Alongside the Roman spirit of the origins, which reproduced in a special and original form a type of culture and custom common to the main, higher Indo-European civilizations, there were a Hellenized (in the negative sense of the term), a "Punicized," a "Ciceronian," an "Asiaticized," and a Catholic Roman spirit. The reference points should not be sought in these cases. Everything that is valid in them can be reduced to the first Roman spirit.
This original Roman spirit was based on a human type characterized by a group of typical dispositions. Among them we should include self-control, an enlightened boldness, a concise speech and determined and coherent conduct, and a cold dominating attitude, exempt from personalism and vanity. To the Roman style belong virtus, in the sense not of moralism, but of virile spirit and courage; fortitudo and constantia, namely spiritual strength; sapientia, in the sense of thoughtfulness and awareness; disciplina, understood as love for a self-given law and form; fides, in the specifically Roman sense of loyalty and faithfulness; and dignitas, which in the ancient patrician aristocracy became gravitas and solemnitas, a studied and moderate seriousness. The same style is characterized by deliberate actions, without grand gestures; a realism that is not materialism, but rather love for the essential; the ideal of clarity, which eventually turned into rationalism in only some Latin peoples; an inner equilibrium and a healthy suspicion for every confused form of mysticism; a love for boundaries; the readiness to unite, as free human beings and without losing one's identity, in view of a higher goal or for an idea. We may also add religio and pietas, which do not mean "religiosity" in the Christian sense of the word, but instead signify for a Roman an attitude of respectful and dignified veneration for the gods and, at the same time, of trust and re-connection with the supernatural, which was experienced as omnipresent and effective in terms of individual, collective, and historical forces.
Obviously, I am far from suggesting that every Roman man and woman embodied these traits; however, they represented the "dominant factor" and were em-bodied in the ideal that everybody perceived to be specifically Roman. Likewise, these elements of style are self-evident. They are not connected to past times; they may act in every period as character-forming influences and effective values as soon as a corresponding calling is awakened. They have a normative value. In the worst case, they might have only the value of a measure. Moreover, we should not think they must be adopted by every individual; this would be absurd and even unnecessary. It would suffice if only a certain social stratum, called to inspire the others, could embody them.
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