di Francesco Zevio
ITA/ENG
Translation of the author
Cover: Dante's statue by Ugo Zannoni, 1865, Verona
Ieri sera, non saprei ben dire il perché, ma forse per l’ennesimo esempio di tutto questo brulicare di letteratume rampollante dai settecento anni del cadavere di Dante, mi sono tornati in mente alcuni frammenti di un dialogo intrattenuto con un ragazzo marocchino oltre un mese fa a Verona, in Piazza dei Signori, proprio sotto la statua del Poeta.
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Ero lì con l’ingenua idea di respirare un po’ d’aria e leggere ai piedi di Dante, quel giorno, ritrovandomi poi per caso nel bel mezzo di una manifestazione organizzata dalla comunità musulmana, in quello che si presentava come un “presidio contro l’islamofobia”. Erano infatti i giorni che seguivano l’ultimo attentato di Nizza: i partecipanti si sentivano oltraggiati dalle parole di Macron e volevano manifestarlo. Mi dico ottimo, peccato per la lettura ma ottimo: prestiamo occhio e orecchio alla piazza. Poso a lato le Massime di La Rochefoucauld (lettura in caso di basso grado d’attenzione), come in una poesia di Eliot, impugno l’Etica di Spinoza (lettura in caso d’alto grado d’attenzione) come una sorta di scudo, con la copertina rivolta verso i manifestanti a maggioranza femminile, indaffarate tra veli e mascherine con cartelli e striscioni e casse del microfono. Vicino a me un ragazzo alto, scuro, con gli occhiali. “Posso sedermi?” Prego fratello, ai piedi di Dante c’è posto per tutti… comincia il dialogo. Dopo qualche minuto il ragazzo mi fa notare che la società occidentale è materialista, atea, nichilista, edonista – mi fa notare che la sua religione si rivolta a tutto questo, che vuole tendere alla conquista di una dimensione spirituale, di valori più alti e trascendenti il solo arido materialismo.
Ora, prima di tutto, faccio notare al mio interlocutore che, proprio come le manifestanti hanno cura di affermare a proposito della loro religione (la quale non va identificata con l’azione di terroristi), così l’Occidente non può riassumersi nella sola ideologia materialista, sebbene essa si presenti generalmente come la dominante.
Cerco di spiegargli che l’Occidente (che non è il cristianesimo) ha sviluppato vie diverse per l’esercizio della vita spirituale. Millenni di cultura ci insegnano che si può vivere spiritualmente (qualsiasi cosa ciò significhi…) o almeno provarci, senza bisogno di aggrapparsi con unghie e denti a una qualche dogmatica o religione di stampo monoteista con tanto di verità rivelata sull’aldilà. Devo ammettere che questo, il mio interlocutore, nonostante gli facessi svolacchiare l’Etica sotto il naso, faticava a comprenderlo.
Il punto è che l’Occidente è una forma di civiltà basata sulla coscienza della Storia.
Il mio interlocutore e le manifestanti scrivono Corano con la maiuscola, io ci scrivo Storia. Ognuno ha le sue maiuscole. Il mio interlocutore mi consiglia caldamente di leggere il Corano. Io gli consiglio di leggersi il signore qui alle nostre spalle, La Rochefoucault, Spinoza, Seneca, Epicuro, Marco Aurelio… non c’è bisogno di leggerli tutti – e magari conviene cominciare da Seneca: alcune Epistulae morales, o il più agile De brevitate vitae – non dico che si debba leggerli tutti, è difficile farsi bastare il tempo (ce lo insegna, tra gli altri, Seneca…) dico solo che in ogni caso fa bene sapere che esistano tanti libri e autori e che tutti abbiano qualcosa da dire, qualcosa da insegnare. Il mio interlocutore insiste a consigliarmi di leggere il Corano e io gli spiego che posso anche decidere di leggerlo, qualora dovesse presentarsi la giusta occasione e avessi ulteriormente, notevolmente sfoltito la mia lista di libri da leggere… ma questo libro sarebbe per me come qualsiasi altro libro. “Cioè?” Cioè? Cioè niente maiuscola. Questo è, habibi… mi dispiace, niente di personale guarda, lo spiegavo anche nei miei quindici anni ad alcuni simpatici e tenaci TG (Testimoni di Geova) che venivano a suonarmi. Per me questo tuo libro (come quello dei TG) non è diverso da qualsiasi altro: e se lo è, lo è solo in base alla sua storia nel mondo degli uomini, non perché sia stato dettato da qualche entità metafisica.
Questo è il vero laicismo e questo vale per ogni religione, in uno stato laico: e se con una si agisce più duramente che con altre, è forse perché si dimostra meno disposta ad accettare e a condividere tale principio fondamentale. Intolleranza, oltraggio, monoteofobia? Mah… non saprei.
Il punto è che l’Occidente, quindi la cultura occidentale, ha conquistato il piano dell’immanenza.
Per la nostra cultura l’uomo si fa, si modifica, si definisce e trasforma nella Storia. Le nostre preghiere, i nostri mantra sono lo studio della complessità nel variegato fermento della Storia. Il nostro culto è la Cultura. I nostri sacramenti sono le Arti – ciò che affina i sensi e la sensibilità alle sfumature, ciò che libera quanto più possibile da scorie la nostra percezione della Natura e del mondo degli uomini. Le nostre liturgie sono l’educazione, l’esercizio del pensiero, lo spazio aperto dall’esperienza estetica, l’azione caustica e necessaria – ma non assoluta – del Dubbio. Le nostre maiuscole non sono suggelli metafisici, ma monumenti alla vastità e alla vitale complessità di concetti (con-cipio: prendere insieme).
Se l’Occidente non ha un dio, ciò non significa che egli sia senza dio.
Se proprio deve esistere un dio, allora l’Occidente merita quello di Mazzini… certo non quello di Pio IX (ricordate, oh voi nostalgici d’anciens régimes politico-religiosi, ricordate! 1870 post Christum natum, centocinquanta anni fa: questa la data del Pastor Aeternus, del dogma sull’infallibilità papale… e se qualcosa di simile rischia di trasfondersi nella scienza, non è possibile reagire con cieche nostalgie di vecchie credenze e sommissioni: ma con pensiero critico, con lavoro intellettuale, con uno spietato rilievo di incoerenze e contraddizioni).
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Questo e altro, mi tornava in mente. Qualcuno, nell’altra stanza, cambia canale. Altro ronzio, altro nulla. Eh sì… decisamente sì: quello di Fazio e Cazzullo è decisamente stato un dialogo e un momento di grande televisione.
NOTA
Per rendere più chiari concetti presenti nell’articolo quali Storia, piano dell’immanenza e Dubbio, riportiamo il seguente brano di Gramsci (Quaderni del Carcere, Introduzione alla filosofia, §62) riferito alla sua concezione di filosofia della praxis: “[…] è una filosofia liberata (o che cerca di liberarsi) da ogni elemento ideologico unilaterale e fanatico, è la coscienza piena delle contraddizioni, in cui lo stesso filosofo, inteso individualmente o inteso come intero gruppo sociale, non solo comprende le contraddizioni ma pone se stesso come elemento della contraddizione, eleva questo elemento a principio di conoscenza e quindi di azione […] afferma teoricamente (questa filosofia) che ogni «verità» creduta eterna e assoluta ha avuto origini pratiche e ha rappresentato un valore «provvisorio» (storicità di ogni concezione del mondo e della vita), è molto difficile far comprendere «praticamente» che una tale interpretazione è valida anche per la stessa filosofia della prassi […]”. Vogliamo dunque definire una riflessione che, secondo una felice formula di Foucault, si è allontanata dal polo della “ontologia formale della verità” e che dunque, proprio come scritto da Nietzsche in Menschliches, Allzumenschliches: “[...] in contrapposizione ai metafisici, è felice di albergare in sé non una sola anima immortale, ma molte anime mortali.”
A HAPHAZARD(OUS) DISCOURSE: FRAGMENTS
Last night, I don’t really know why, it happened to me to recollect some fragments of a dialogue I had over a month ago with a Moroccan boy, just below the statue of Dante in Piazza dei Signori, Verona. Well… perhaps that was because of an umpteenth example of all this swarming of rampant literature out of the seventh century since Dante’s death.
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That day I was there with the naive idea of breathing some fresh air by reading at Dante’s feet, I then found myself by coincidence in the middle of a demonstration organized by the Muslim community: in what was presented as a “garrison against the islamophobia”. In fact, these were the days following the latest terror attack in Nice: the participants felt outraged by Macron’s words and wanted to demonstrate it. While sitting I said to myself well, excellent… that’s a pity for the reading but excellent: let’s give a listen to the square’s voice. As in a potential poem by Eliot, I put the Maxims of La Rochefoucauld (book to read in case of having only attained a low degree of attention) on the statue’s pedestal, and held Spinoza’s Ethic (book to read in case of having attained a high degree of attention) as a sort of shield, with the cover facing the mainly female demonstrators, busy with placards and banners and microphone speakers. Next to me stands a tall, dark boy with glasses. “Can I sit down?” Please, at Dante’s feet there’s enough room for everyone… and the dialogue begins. After a few minutes the boy points out that Western society is materialistic, atheist, nihilist, hedonist – he points out that, in contrast to this, his religion is aims at the conquest of a spiritual dimension, of higher and transcendent values than the sheer, sterile materialism.
Now, first of all, I point out to my interlocutor that, just as the demonstrators say about their religion, which is not to be identified with the action of terrorists, so the West cannot be summarized and identified in the only materialist ideology: although it is generally to be considered as the dominant.
I try to explain to him that the West (which is not Christianity) has developed different ways to live and experience spiritual life. Millennia of culture teach us that we can live spiritually (whatever that means…) without the need of clinging by our teeth to some dogmatic or monotheistic religion plus a first-salvation-kit of revealed truths about afterlife. I must admit that, despite making Spinoza’s Ethic flap under his nose, my interlocutor found it hard to understand what I was talking about.
The point is that the West is a form of civilization based on the cognizance of History. My interlocutor and the demonstrators write Koran with a capital letter: as for me, I use capitals for History. Each one has its capital letters. My interlocutor strongly advises me to read the Koran. I advise him to read the gentleman behind us, La Rochefoucault, Spinoza, Seneca, Epicurus, Marcus Aurelius… there is no need to read them all – impartial advice: it is maybe better to start with Seneca and some of his Epistulae morales, perhaps De brevitate vitae – I am not saying that someone should read them all, it is actually difficult to have enough time (that’s what Seneca teaches us, among other stuff…) I just say that, in any case, it is good to know that there are many different books and authors and that everyone has something to say, something to teach. My interlocutor insists on advising me to read the Koran and I explain to him that I can also decide to read it, should the right opportunity arise, should I manage to have further reduced my list of books to read… but Koran would be like any other book. “What do you mean?” What do I mean? I mean a book with no capital letter. No capital letter, habibi… I’m sorry, nothing personal, you see: I also explained it, back in my fifteen, to a couple of kind and obstinate Jehovah’s Witnesses who used to ring at my door. For me this book of yours (just like that of the abovementioned witnesses) is not different from any other: and if it is, well, the root cause only lies in its history among men, surely not because it was dictated by some metaphysical entity.
This is true laicism and this has to be accepted by every religion, in a laic state: and if a government acts harder with one religion than another, it is perhaps because she is less willing to accept and share this base principle. Intolerance, outrage, monotheophobia? Well… I don’t know.
The point is that the West, that is to say Western Culture, has conquered the plane of immanence.
For our culture the man produces, modifies, defines and transforms himself in the process of History. Our prayers, our mantras are the study and investigation of complexity within the ferment of History. Our cult is the Culture. Our sacraments are the Arts – that which sharpens our senses and sensitivity to nuances, that which try to free from dross our perception of Nature, of the world of men. Our liturgy is the process of education, the exercise of thought, the space opened by aesthetic experience, the caustic and necessary – but not absolute – action of Doubt. Our capital letters are not metaphysical seals, but monuments to the vastness and vital complexity of concepts (con-cipio: to take together).
If the West does not have a god, this does not mean that he is godless, atheistic.
If there really must be a god, then the West deserves that of Mazzini… certainly not that of Pius IX (remember, oh you nostalgic about political-religious anciens regimes… remember! 1870 post Christum natum, one hundred and fifty years ago: this is the year in which was issued the Pastor Aeternus, the dogma of papal infallibility… and if something similar risks to be transfused into science, we cannot react with a sort of blind nostalgia for old beliefs and submissions: but with critical thought, with intellectual work, with a ruthless survey of inconsistencies and contradictions).
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This, and much more, I was recollecting on that night. Someone changes the channel in the other room. A different buzz, a different nothingness. Oh yes… definitely yes: that of Fazio and Cazzullo [1] was definitely a dialogue and a moment of great television.
NOTE
[1] Fabio Fazio, famous italian TV host of a trash/pop transmission with the ambition to seem cultured, and Aldo Cazzullo, writer and journalis, author of the umpteenth book who nobody asked for about Dante.
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To clarify concepts cited in the article such as History, plane of immanence and Doubt, we report the following passage by Gramsci’s Quaderni del carcere (Introduzione alla filosofia, §62), in which he partly explains his conception of philosophy of praxis: “[...] it is a philosophy freed (or which seeks to free itself) from any ideological element which is unilateral or fanatic, it is the full consciousness of contradictions, in which the philosopher himself, whether individually or socially understood, is not only understanding the contradictions, but also placing himself as an element of the contradiction: elevating this element to the principle of knowledge and therefore of action [...] theoretically states (this philosophy) that every «truth» believed to be eternal and absolute has had practical origins and has represented a «temporary» value (this is the historicity of every conception of the world and of life), it is very difficult to make people understand «pratically» that such an interpretation is also valid for the philosophy of praxis itself […] ”. We therefore want to nail down a reflection which, according to Foucault, has moved away from the pole of the “formal ontology of truth” and which therefore, just as written by Nietzsche in Menschliches, Allzumenschliches: “[...] in contradiction to metaphysicians, is happy to lodge not a single immortal soul, but many mortal souls.”
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